L’ultimo sole della notte: recensione del film di Matteo Scarfò

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Di Marco Paiano 

L'ultimo sole della notte

Racconti catastrofisti, documentari sulle principali minacce per il genere umano, ultime uscite arrivate direttamente in digitale, rom-com per staccare e non pensare alla situazione che stiamo vivendo. Ci sono tanti film da vedere o rivedere durante questa prolungata e forzata quarantena, tutti con una propria funzione e con un proprio significato. Fra le tante possibilità a nostra disposizione in questo periodo, c’è però anche un piccolo grande film italiano, realizzato con pochi soldi ma con tanto cuore, capace di farci riflettere sulla nostra società e con molti punti di contatto con il nostro isolamento casalingo. Stiamo parlando de L’ultimo sole della notte di Matteo Scarfò, presentato al Trieste Science+Fiction Festival nel 2017 e attualmente disponibile per il noleggio o l’acquisto sulla piattaforma digitale Chili.

A mettere in pericolo il genere umano in questo caso non è un virus, ma un devastante conflitto bellico, che ha portato l’Italia all’istituzione di alcune zone sicure dove rinchiudere gruppi di cittadini, selezionati per caratteristiche fisiche, anagrafiche e culturali. Una sorta di arca di Noè, con cui salvaguardare non delle specie animali, ma dei valori umani e sociali. In queste aree, sorvegliate militarmente, tutto deve procedere come se nulla fosse successo e non mancano le scorte alimentari. C’è però una semplice e dolorosa regola da rispettare: non si può uscire dalla zona a cui si è stati assegnati o avere contatti con il mondo esterno per nessun motivo, neanche per mettersi in contatto con i propri cari.

Non c’è autocertificazione che tenga: al contrario della Zona di Andrej Tarkovskij, che costituisce un luogo metafisico per la riflessione, il confronto e il cambiamento dei protagonisti del suo Stalker, la Zona 13 che ospita i protagonisti L’ultimo sole della notte non si può abbandonare per nessuna ragione.

L’ultimo sole della notte: la fantascienza sociologica di Matteo Scarfò

Mentre la guerra per l’Italia procede speditamente verso la disfatta e il programma viene abbandonato a sé stesso, all’interno di un imponente e misterioso condominio seguiamo le vicende dei tre protagonisti: Andrea (interpretato da un perfettamente apatico Andrea Lupia) è un ex responsabile Risorse Umane chiuso in se stesso, abituato a eseguire ciò che gli viene richiesto e a mantenere una propria routine, che nella situazione in cui si trova è anche l’unica ancora di salvezza per non impazzire completamente; Alessandra (Alessandra Mortelliti) è invece una giovane ex terrorista, che ha partecipato attivamente alle rivolte che hanno preceduto l’istituzione delle zone e si trova a cercare un nuovo scopo alla propria vita, prendendosi cura degli altri mentre fugge dai fantasmi del proprio passato; infine Becatti (Danilo Rotundo), uomo irascibile e cinico, colto alla sprovvista e indelebilmente segnato dallo scoppio della guerra e dalla conseguente tragedia familiare.

I protagonisti de L’ultimo sole della notte vivono una vita priva di senso, cercando di portare avanti una quotidianità che non esiste più, perché non esiste più il mondo che conoscevano. Una delle migliori intuizioni di Scarfò consiste nel fare di necessità virtù, sfruttando alcuni degradati scenari calabresi per comunicare la sensazione di vuoto e di abbandono che investe continuamente i personaggi, trovando inoltre un efficace parallelo con una terra che è a sua volta realmente sempre più trascurata e spopolata. In questo scenario da J. G. Ballard (Il condominio è il riferimento più evidente), emergono soprattutto le personalità dei personaggi e una sensazione di stasi, sospesa fra i ricordi del passato e il progressivo avvicinamento di una svolta drammatica, come l’ultimo sole della notte che dà il titolo all’opera, cioè il temuto sgancio della bomba atomica.

Fra Ballard e Bunuel

L'ultimo sole della notte

Pur con pochi mezzi a disposizione (la limitazione di budget si fa sentire soprattutto nel sonoro e nella messa in scena legnosa di alcune sequenze), Scarfò riesce a dare vita a un racconto avvolgente e magnetico, che mantiene sempre viva l’attenzione dello spettatore grazie alla scelta di svelare gradualmente il passato dei protagonisti, con continui e sorprendentemente fluidi salti avanti e indietro nel tempo. Come nell’indimenticabile L’angelo sterminatore di Luis Buñuel, la costrizione esacerba i lati più spigolosi del carattere e rende paradossalmente i personaggi più veri, più vicini a noi. Un esempio in questo senso è Stefano (Alessandro Damerini), lupo della finanza che in passato ha rovesciato su Andrea tutta la sua spietatezza e che anche in questo scenario apocalittico perpetua la sua visione machiavellica del mondo, cercando di avvantaggiarsi del caos generale.

L’ultimo sole della notte è un’opera decisamente straniante, proprio perché focalizzata in primis sullo straniamento a cui ci porta la società contemporanea, soprattutto in questi tristi mesi. I veniali peccati di realizzazione, già ampiamente perdonabili per un prodotto totalmente indipendente, sviluppato nell’arco di cinque anni, scompaiono così di fronte al coraggio di portare avanti un racconto in direzione ostinata e contraria rispetto a quanto il cinema contemporaneo ci propone. Un esempio di fantascienza sociologica, scevra da posticci effetti speciali e concentrata sull’assenza e sulla privazione. L’assenza di vitalità, di condivisione, di socialità. La privazione degli affetti, dei sentimenti e di tante piccole cose che diamo per scontate e che contribuiscono a farci sentire vivi. Un’angosciante distopia, a tratti persino precorritrice di ciò che il mondo sta vivendo in questi mesi.

L’ultimo sole della notte: fra privazione e alienazione

Doveroso spendere qualche parola per alcuni comparti tecnici, che contribuiscono attivamente alla resa de L’ultimo sole della notte e a nascondere all’occhio dello spettatore le inevitabili limitazioni di un progetto totalmente autofinanziato. Fondamentali in questo senso sono soprattutto gli apporti di Emanuele Spagnolo, con una fotografia che punta tutto sul realismo, infondendo una sensazione di sospensione nel tempo e nello spazio, e del montaggio di Lucia Patrizi, che rende il racconto vitale nonostante le sue numerose dilatazioni temporali. Un plauso anche alle musiche elettroniche di Lorenzo Sutton, che contribuiscono alla creazione di un’atmosfera di pura alienazione, e alle interpretazioni degli attori, che riescono nell’arduo compito di portare avanti una storia soltanto con la loro espressività, esaltata da molteplici primi e primissimi piani.

Matteo Scarfò dimostra di poter fare grande cinema, senza le risorse garantite al grande cinema. Soprattutto in questi giorni di distacco dal mondo a cui siamo abituati, sarebbe un peccato non dargli una chance, per riflettere su una situazione in cui abbiamo comunque a disposizione tutto ciò che ci serve per vivere, ma sentiamo comunque di non vivere, perché ci manca tutto ciò che davamo per acquisito e ci sentiamo perdutamente soli.

Vi ricordiamo che L’ultimo sole della notte è disponibile in acquisto o noleggio digitale su Chili. Per ulteriori informazioni potete consultare la pagina Facebook e il sito ufficiale del film.

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